LA PRIMA EDIZIONE DEL PREMIO “MARZIO CECCHI ARCHITETTO”

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UN NUOVO INCORAGGIANTE SOSTEGNO A FAVORE DELLA CREATIVITÀ GIOVANILE

Marzio Cecchi sulla poltrona Mucca, da lui disegnata. Dipinto dell’artista Dosi, 1970

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Nella serata di giovedì 1 marzo 2023 si è tenuta in Firenze, nella sede di Palazzo Spiga, la cerimonia conviviale di assegnazione del Premio “Marzio Cecchi Architetto”, alla sua 1a edizione.

Chi è del mestiere sa bene che i premi di architettura, in Italia e nel mondo, sono innumerevoli. Non bisogna quindi stupirsi se in tanti non li sopportano più o se ne disinteressano. Nel caso di cui parliamo, bisogna però considerare che la signora Pola Cecchi, figlia della stilista Giulia Carla Cecchi e anch’ella stilista di abiti femminili, è stata più che tenace nel voler onorare degnamente la memoria del fratello, Marzio Cecchi. Un architetto talentuoso nato a Capalle, frazione di Campi Bisenzio (FI), il 1 marzo del 1940, che scomparve a New York all’età di soli 49 anni, la notte del 1 gennaio 1990, in un incidente automobilistico. 

Marzio Cecchi, Circolo Culturale Rinascita (1962-64c)
Marzio Cecchi, Circolo Culturale Rinascita (1962-64c) in Campi Bisenzio (FI). Da Google Street View, aprile 2022. L’opera è il frutto della riconformazione di un edificio esistente, attuata da Marzio in più fasi

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Devo confessare che, pur occupandomi da molto tempo di architettura e materie affini, non avevo mai sentito parlare di Marzio Cecchi fino a pochi anni fa.  Per il semplice fatto, credo, che quando fu in vita egli non godette di eclatante successo critico, essendo stato restio a farsi pubblicità a pagamento (come riferisce la sorella Pola) ed essendo altresì stato (secondo l’opinione che mi son fatto) alquanto estraneo alle congreghe e alle consorterie, ai potentati accademici, alle ideologie politiche dominanti, che influiscono spesso parecchio sulla notorietà non solo di artisti e architetti.

Sono stato quindi felice di scoprire una personalità da outsider come quella di Marzio, che parrebbe aver dato un contributo significativo all’arte della creatività architettonica, come si evince dalla visione delle opere e della documentazione che Pola ha raccolto e conservato con amorevole cura.

Pur riservandomi di approfondire la conoscenza complessiva dell’attività svolta da Marzio Cecchi, parendomi giusta la valorizzazione critica del suo operato come architetto, oltre che come arredatore e designer, vorrei comunque far cenno ad alcuni aspetti della sua opera che a mio parere meritano di essere menzionati come elementi di qualità e di valore.  

Marzio Cecchi, la prima Villa Meucci (-1966) in Campi Bisenzio (FI), di cui sono evidenti i plastici richiami all’organicismo biomorfico delle strutture cementizie, associate al biondo colore del legno.  Dal periodico: “Case al mare e al lago”, n. 5, Peruzzo Editore

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Innanzitutto, citerei la precocità che ha segnato il suo ingresso nel mondo del lavoro. Marzio ha iniziato a lavorare fin dall’età di 18 anni, subito dopo il liceo e ben prima di addentrarsi negli studi universitari di architettura. Dimostrando di avere un’indole protesa all’attivismo, alla solerzia del fare, alla coltivazione di una personale etica del lavoro che negli anni dette proficui risultati.

Un altro aspetto da cogliere è la sua capacità abduttiva di assorbire e metabolizzare le più varie tendenze di gusto del suo tempo, rielaborandole in chiave originale. Ciò lo si evince ad esempio nel passaggio dal razionalismo minimale e quasi miesiano del Circolo Ricreativo Rinascita in Campi Bisenzio (1962-64c), alla dialettica, alquanto in voga dopo la metà del secolo scorso,  tra scabra matericità cementizia delle strutture portanti e teporosa matericità lignea dei complementi d’arredo e dei serramenti,  che egli declinò in forme ricercate nella prima Villa Meucci a Campi Bisenzio (-1966), ove compaiono peraltro sensuali riferimenti all’organicismo biomorfico. 

Brochure pubblicitaria delle lampade Fagotto e Sacco (designer Marzio Cecchi), prodotte dallo Studio Most, i cui titolari erano Marzio e Pola Cecchi

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Altresì, l’attitudine di Marzio a farsi interprete dello spirito del suo tempo, nel corso della sua diacronica esperienza creativa, la si coglie chiaramente in molti mobili ed oggetti di design dal carattere ironico e insolito (come il divano Serpente o la poltrona Mucca) che attestano richiami al Radical design, provocatorio e alquanto concettuale, che a livello mondiale ebbe una sua fertile e importante incubazione nell’ambiente fiorentino degli anni ‘60 e ‘70. 

Un ulteriore pregio dell’arte di Marzio credo sia stato quello della florida creatività e dell’inventività, improntata però a una sorta di rifiuto innato per le convenzioni, le ovvietà, i conformismi mentali, le soluzioni loffie.   A tal proposito parlerei di un’attitudine a mescolare liberamente gli stili, in modi spesso inediti, valorizzando la sperimentazione e financo l’armonia dei contrasti eclettici. Riuscendo peraltro a coniugare la tradizione (come per esempio nell’uso della paglia di Vienna) con l’innovazione, anche tecnologicamente molto spinta (come nell’uso del plexiglas o dell’acciaio), in chiave comunque di adesione non dottrinaria alla modernità e alla post-modernità. 

Marzio Cecchi (Studio Most), Poltrona Balestra, 1968c

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Il gusto estetico di Marzio, garbato ed elegante, appare tuttavia immune da sterili ricalchi delle mode fugaci, essendo comunque fondato sulla ricercatezza non epidermica ma di sostanza.   Il che lo rese molto gradito agli occhi di facoltosi clienti,  quali i Beltrami che gli affidarono l’allestimento di lussuosi negozi in Italia e all’estero.  Il grande successo anche commerciale che ebbe lo Studio Most, da egli fondato in Firenze, lo conferma ampiamente, specie se si pensa ai tanti oggetti d’arredo, mai scontati o banali, che sono ancora oggi molto ambìti da collezionisti e case d’aste.  

Infine, vorrei accennare alla tendenza di Marzio a concepire l’artefazione di opere e ambienti come attività di tipo eminentemente integrate e polisemiche (sarei tentato di dire olistiche se non fossi contrario all’uso di parole abusate).  Per intendersi, attività sinergiche echeggianti l’estetica wagneriana della Gesamtkunstwerk, ossia dell’opera d’arte totale, che trasposta in architettura ingloba non solo la tettonica, la funzione, la forma spaziale, ma anche la decorazione, l’ornamento, insomma il valore emotivo d’insieme che in una creazione umana si può cogliere.

 

Ritaglio di giornale che riporta la notizia dell’incidente purtroppo fatale che coinvolse Marzio Cecchi a New York, il giorno del 1 gennaio 1990. Da: “Repubblica”, Cronaca di Firenze, mercoledì 3 gennaio 1990

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E’ a mio avviso quindi encomiabile l’impegno di Pola nell’aver voluto dedicare alla memoria di suo fratello Marzio Cecchi un premio di architettura. Che avrebbe dovuto tenersi nel 2020, per l’80esimo compleanno di Marzio, se fosse stato vivo, ma che a causa del covid e di altre traversie si è potuto tenere solo nel 2023.  Ciononostante, la partecipazione dei giovani architetti (dai 20 ai 32 anni) è stata incoraggiante, non solo, come credo, per l’ambizione di vincere il compenso in denaro e il soggiorno gratuito per due persone in un hotel fiorentino, previsti dal bando, ma anche per la sana voglia di competizione e per la possibilità di confrontarsi con colleghi provenienti da varie parti d’Italia.    

Il tema concorsuale, riferito a un progetto inedito, è stato il seguente: “trasformazione di un immobile o di uno spazio preesistente antico o moderno, da destinare a nuovi usi, coerentemente al luogo di cui esso fa parte“.  Personalmente, dichiarandomi onorato di essere stato tra componenti della giuria (insieme a Laura Bati, Elio Di Franco, Loredana Ficicchia, Maurizio Mancianti, Massimo Pierattelli, Tiziana Trillo), posso dire che l’esperienza di visionare i progetti e di esprimere giudizi non l’ho sentita molto tediosa.    Giacché, a mio parere, la qualità generale delle proposte ideative è stata elevata, a fronte di un impegno che è apparso comunque lodevole in quanto era richiesto non solo l’invio di elaborati grafici e descrittivi ma anche la realizzazione di un plastico che è stato esposto in occasione della premiazione.

Ambienti interni di Palazzo Spiga, ove ebbe sede lo studio professionale di Marzio Cecchi e ove s’è tenuta la cerimonia conviviale della prima edizione del premio di architettura a lui dedicato. EMAS PHOTOS, febbraio 2023

I vincitori sono stati Marco Rosati (1° classificato) con la proposta di recupero di un una porzione del Cimitero Monumentale di Caltagirone; Alessio Gasbarro (2° classificato) con l’ipotesi di riuso della ex fabbrica Campolmi di Firenze; Ludovica Marconi (3° classificata) con l’idea di creare un ecomuseo ad Arcevia (nelle Marche), mediante l’erezione di un volume turrito entro un rudere edilizio di base.  Anche gli altri finalisti si sono comunque distinti per l’aderenza al tema e la qualità delle proposte, come nel caso dell’ipotizzata creazione di un centro sociale comunitario in vari ambienti interni di un edificio dismesso in Napoli, o del riuso del padiglione progettato da Edoardo Gellner nell’ambito della Colonia ENI a Borca di Cadore, nelle Dolomiti a nord di Belluno.

Grazie al mecenatismo di Pola Cecchi e alla sua vocazione per l’arte, le prospettive di carriera appaiono quindi più vivide per questi giovani architetti.  Ai quali va dato il merito aggiuntivo di aver contribuito, insieme a tutti coloro che si sono adoperati per la riuscita del premio Marzio Cecchi, a tenere desto ovvero a risvegliare l’interesse per una disciplina come l’architettura che da tempo è diventata, tragicamente,  una realtà sostanzialmente avulsa dalla società italiana.

EMas (Emanuele Masiello) – 5 Marzo 2023


 

Una tavola del progetto elaborato da Marco Rosati, per favorire la fruizione di un luogo scarsamente utilizzato del Cimitero Monumentale di Caltagirone, in Sicilia

 

Una tavola del progetto di Alessio Gasbarro per vari possibili riusi della ex Fabbrica Campolmi di Firenze, giacente da decenni in stato di abbandono e degrado
Una tavola del progetto di Silvia Buonomano e Francesco Di Fiore, per la creazione di un centro sociale comunitario negli ambienti dismessi di un edificio in Napoli