RECENTI IMMAGINI DI CRUSCHIA©

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OMAGGIO VISIVO ALLA REGIONE CHE IL PEPERONE CRUSCO STA RENDENDO ANCORA PIÙ ATTRAENTE E GUSTOSA

Da parecchi anni ormai la Basilicata, coincidente non del tutto con l’antica Lucania, sta vivendo una stagione di notorietà speciale in quanto considerata la terra per eccellenza del peperone crusco (ossia croccante o secco), dal vivido colore rosso,  che continua a deliziare varie mode culinarie e a identificare, quasi per antonomasia, la regione geografica e culturale che, per tale ragione, ho pensato di chiamare Cruschia©.  

Sul tema ho riflettuto alquanto, ma mi sono convinto che la Basilicata potesse assumere l’alias di Cruschia, senza più dubbi, quando ho ricevuto in dono da mia sorella, al suo ritorno da una vacanza a Maratea nel 2022, un liquore chiamato “Il Crusco”, ovviamente alle essenze di peperone crusco, che mi ha persuaso sull’alto tasso di fiducia accordata, pure nel commercio di bevande alcoliche, all’ondata di successo della “cruschità” o “cruschezza”.

Il fenomeno dell’acquisizione, da parte di un luogo, del nome di un frutto della sua terra non saprei dire quanto sia stato frequente nella toponomastica storica.   Mi verrebbe in mente il nome di Banania, associato al frutto della banana, che però è più quello di una polvere in barattolo, da bevanda per prima colazione alquanto venduta un tempo in Francia, piuttosto che un sinonimo di “Repubblica delle banane” che ha significati diversi. Mi verrebbe altresì in mente il possibile nome di Cachia, associabile al frutto del caco ossia del diospero, che però, per quanto è dato ricordare dal titolo e dal senso di una canzone presentata a Sanremo, parrebbe non tanto riferibile a una circoscritta regione geografica, quanto a uno Stato intero.

Sta di fatto che il nome Cruschia, vista la realtà, parrebbe un appellativo più che icastico per designare una regione come la Basilicata che sta vivendo una stagione di sfrigolante simbiosi lessicale col peperone crusco, sbandierato vessillo di autoctonìa lucana in cucina.  Potremmo quindi non sorprenderci nel sentir dire “sono originario della Cruschia”, “sono stato in vacanza in Cruschia”, “Cruschia coast to coast”, etc., per l’avvenuta immissione nel vocabolario di un nuovo nome proprio, mutuato dal famoso peperone rosso essiccato in serti, che rende tanti piatti molto più degni di essere gustati.

Pertanto, in questo post di recenti fotografie della Basilicata, dedicate come al solito ai temi che mi stanno più a cuore, ho deciso di inserire nel titolo la parola Cruschia, da me inventata mediante la semplice sostantivazione nominale di un aggettivo.  Un po’ per gioco e un po’ per sondare il possibile gradimento d’un neologismo che comunque sarebbe tutt’altro che avulso da quanto accade oggi nell’arte culinaria regionale e italiana.


 

Venosa. L’area archeologica con, sullo sfondo, il grandioso complesso architettonico  SS. Trinità, assemblaggio di una chiesa di più antica datazione e di una chiesa successiva, la quale avrebbe dovuto saldarsi alla preesistente, inglobandola. L’impresa edificatoria non riuscì tuttavia ad essere completa e la chiesa nuova restò per questo nota col nome di “Incompiuta“. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Le possenti strutture murarie della “Incompiuta“, definite da blocchi di pietra accuratamente sagomati, che attestano il notevole livello dell’arte stereotomica raggiunto in loco durante il periodo medievale. Sulla destra, è ben visibile il pilastro polistilo, in corrispondenza della crociera, che testimonia il recepimento anche a Venosa della cultura costruttiva di matrice gotica. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Pannello esplicativo della “Incompiuta“, a cura del MiC, che descrive gli aspetti salienti dell’insigne monumento architettonico d’epoca medievale, avente impianto planimentrico alquanto raro nel suo contesto geografico-culturale, giacchè dotato di deambulatorio (o “ambulacro”) e cappelle radiali, in analogia con le chiese di pellegrinaggio e le chiese cluniacensi dell’Europa occidentale transalpina. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

In alto e in basso: due immagini di disegni (e di lettere alfabetiche) scolpiti nei blocchi di pietra della “Incompiuta“. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Pinzy (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Venosa. Sequenza di aperture di case a schiera lungo la via Francesco Frusci, che collega il centro urbano all’area archeologica. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Venosa. La parte basamentale di un edificio nei pressi di Largo Piazzetta.  L’evidenza di un altorilievo murato, di epoca romana, è solo uno dei tantissimi episodi che rendono Venosa una cittadina di pregio speciale per la permanenza tangibile, nel patrimonio costruito, della memoria dell’antico. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Venosa. La centrale Piazza Orazio Flacco con al centro la statua bronzea del celebre poeta latino, che ebbe i natali in quella che era all’epoca un fiorente città del mondo romanizzato tra Sannio, Lucania e Apulia. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Venosa. Particolare del portone d’ingresso e di un edificio affacciato sulla vasta corte interna di Palazzo Rapolla, uno dei maggiori e tipologiamente insoliti del centro città. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Venosa. Targa informativa di Palazzo Rapolla. (© EMASPHOTOS APRILE 2022)


 

Il quadrivio vicino al Villaggio di Gaudiano, in Val d’Ofanto, tra le strade che collegano Lavello a Minervino Murge e Venosa a Cerignola.  I detriti e la fanghiglia melmosa sulla strada asfaltata, dopo le piogge, sono un chiaro segno della mancanza di adeguate opere di regimazione e smaltimento delle acque meteoriche, che rendono penosa la vista del paesaggio, seppure i papaveri crescano rigogliosi. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Tenimenti di Lavello. Campi agricoli alquanto disordinati nei dintorni di una casa colonica in Val d’Ofanto. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Tenimenti di Lavello. La campagna della Val d’Ofanto, con campi di maggese punteggiati da papaveri in piena fioritura.  L’abitudine di coltivare fin quasi a invadere la sede asfaltata delle strade campestri non si riesce a sradicarla dalla mentalità dei contadini, nei quali permane l’atavica convinzione che si debba sfruttare ogni più piccolo pezzo di terra. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Fioritura primaverile nei pressi della località la Guardiola, in Val d’Ofanto. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Due immagini della diga sul Fiume Lampeggiano, affluente del Fiume Ofanto. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

 

 


 

Tenimenti di Venosa. Il Villaggio di Boreano della Riforma Fondiaria – con la chiesa e canonica, la scuola, le case coloniche, etc. – in totale abbandono. E’ difficile non provare una forte sensazione di sconforto nel vedere in che condizioni siano ridotte e tenute da decenni le vestigia di un patrimonio diffuso e pregevole per la storia della Basilicata, quale quello della Riforma Fondiaria. Ciò che lascia sconcertati è la mancanza di consapevolezza del valore culturale e paesaggistico che tale patrimonio possiede. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Villaggio di Boreano della Riforma Fondiaria. Il fianco della chiesa. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Villaggio di Boreano della Riforma Fondiaria. In alto e in basso, due immagini dell’interno della chiesa, come si presenta dopo essere rimasta esposta per lungo tempo a rozze spoliazioni. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Area di Boreano, altra immagine del paesaggio della Riforma Fondiaria. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Tenimenti di Genzano di Lucania, lungo la strada proveniente dalla Puglia. Gli edifici rurali, quasi sempre disabitati e diroccati, spiccano nei paesaggi delle coltivazioni estensive che ammantano le colline, in cima alle quali si vedono ergersi spesso, da vari anni, le imponenti pale eoliche che punteggiano ormai quasi ovunque la Cruschia. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Particolare della scritta screpolata “Genzano di Lucania”, in un pannello informativo posto davanti alla facciata della Chiesa di Maria SS. delle Grazie. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

La città di Acerenza, arrocata alla sommià di una massiccia e brulla altura, vista dalle colline di Oppido Lucano. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Acerenza. Le case costruite in guisa di fortificazioni, sui bordi della rupe scoscesa su cui sorge la città di antiche origini. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Acerenza. Artefatti scultorei d’epoca antica inseriti nelle strutture murarie della torre campanaria della Cattedrale, che attestano, come in Venosa, l’attitudine dei costruttori medievali a reimpiegare, in chiave di recupero e avallo ornamentale, i reperti di pregio della gloriosa eredità storica d’epoca romana. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Acerenza.  Le complesse forme architettoniche della parte presbiterale della Cattedrale, iniziata nel 1080,  capolavoro dell’architettura religiosa medievale in terra di Cruschia. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


Cattedrale di Acerenza. Bacheca con notizie dell’insigne monumento architettonico.  La planimetria dell’edificio, con deambulatorio (o “ambulacro”) e cappelle radiali, mostra chiare analogie d’impianto con la “Incompiuta” di Venosa, che rimandano in area transalpina occidentale alle chiese di pellegrinaggio e alle chiese cluniacensi.


 

Cattedrale di Acerenza. Il muro curvo e le volte del deambulatorio, lungo il quale si presume transitassero i pellegrini nel loro percorso devozionale all’interno del monumento religoso. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Cattedrale di Acerenza. Tre immagini della Cappella Ferrillo, situata nello spazio ipogeo della cripta. Si tratta di un capolavoro del Rinascimento artistico lucano, consacrata nel 1524, che da sola merita un viaggio. Di forma planimetrica quadrangolare, con quattro colonne poste al centro e paraste rudentate alle pareti, l’opera costituisce un fulgido esempio di estetica rinascimentale, basata sul sapiente equilibrio dei rapporti proporzionali, oltre che sul culto del gusto antiquario, di tono classicistico, che include il reimpiego di vari artefatti del passato, sia antichi sia medievali. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

 


 

Acerenza. Il parapetto in muratura, con sottostante seduta pubblica, che protegge un affaccio panoramico verso lo sconfinato paesaggio che dalla Cruschia interna si estende a perdita d’occhio verso la Puglia. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

La verdeggiante campagna primaverile nei dintorni di Irsina (antica Monte Peloso).  I valori precipui del paesaggio, prevalentemente agricolo, sono qui rinvenibili nell’estensione sconfinata delle coltivazioni frumenticole, sulle colline assolate e ondulate, e nella permanenza dell’arcaicità dei rapporti tra la presenza umana (alquanto sporadica) e l’ambiente. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Irsina (antica Monte Peloso), arroccata alla sommità di una scoscesa altura collinare, è una cittadina ricca di storia e di patrimonio culturale, che non evidenzia pesanti alterazioni del suo aspetto premoderno. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Irsina, scorcio dell’ambiente urbano dall’interno della città murata verso l’area di accesso al promontorio edificato su cui s’arroccò l’insediamento storico. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

Irsina. Similcromìe tra abitazioni antiche e automobili moderne. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Irsina. Androne di un aggregato abitativo nell’ambiente urbano di formazione antica, caratterizzato dalla integrazione irregolare di volte e arcate. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Irsina.  Pitture curiose e insolite sul muro di una casa situata nella parte antica della città. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Miglionico. Il Castello del Malconsiglio con l’antistante grande piazza che, storicamente,  tenne sgombra da edificazioni la principale area di accesso al possente maniero fortificato. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

 

Miglionico, il Castello del Malconsiglio. La grande e articolata corte interna che riflette la diacronica sequenza stilistica dei molteplici interventi edilizi. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

 

Miglionico, il Castello del Malconsiglio. Altra immagine della grande e articolata corte interna scandita da archeggiature su più piani. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

 

Miglionico. La piazza antistante il Castello del Malconsiglio, su cui prospettano edifici di vario tipo, dei quali alcuni dimensionalmente più modesti e altri più signorili, che presidiano l’area di accesso al centro urbano di formazione antica. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Miglionico. Scorcio di una porzione di ambiente urbano che illustra la qualità del costruito, frutto della sedimentazione di antichi impianti edilizi e delle modifiche, spesso epidermiche, attuate in vari tempi. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Miglionico. La piccola piazza antistante la Basilica di Santa Maria Maggiore (a sinistra), con la mole alta e squadrata del Serbatoio (al centro), è a mio parere, per quanto composta da episodi eterogenei, una delle più attrattive tra quelle di altre cittadine del Materano. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

Miglionico. Le differenze stilistiche tra la Basilica di Santa Maria Maggiore e l’edificio del Serbatoio, pur essendo evidenti, appaiono assorbite nella calda tonalità cromatica che fa apparire l’ambiente visivamente omogeneo. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


Miglionico, Basilica di Santa Maria Maggiore, Polittico di Cima da Conegliano, 1499 (cornice rifatta nel 1782). Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Polittico_di_Miglionico


 

La Valle del Bradano all’imbrunire. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)


 

Papavero di Cruschia in piena fioritura. (© EMASPHOTOS MAGGIO 2023)

 

EMas (Emanuele Masiello) – Maggio 2023

 


 

Acerenza. Da: GoogleMaps 2023


 

Irsina. Da: GoogleMaps 2023


 

Miglionico. Da: GoogleMaps 2023


 

Ufficio Cartografico del Touring Club Italiano, Basilicata, 1930. Tavola eseguita per l’Enciclopedia Italiana dell’Istituto Giovanni Treccani.
Da:https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Basilicata#/media/File:Map_Basilicata_1930_-_Touring_Club_Italiano_CART-TRC-02.jpg

 


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