NANO E GEO / DUE CARI AMICI MOLTO SPECIALI

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PUBBLICHIAMO ANCHE IN QUESTO SITO UN TESTO SCRITTO DA EMAS PER UN LIBRO A STAMPA DEDICATO A NANO CAMPEGGI E GEO BRUSCHI. DUE PERSONE DI TEMPRA ECCEZIONALE, ACCOMUNATE  DALL’AMORE PER LA VITA E DALLA PASSIONE PER L’ARTE

 

Nano e Geo (com’erano chiamati confidenzialmente) sono stati due cari amici molto speciali, ai quali dedico più che volentieri alcuni affettuosi ricordi, che spesso mi tornano in mente quando penso ai tanti piacevoli momenti trascorsi insieme a loro e ad altri.

Nano

Nano (Silvano) Campeggi l’ho conosciuto quando era già acclamato come artista e come personalità attrattiva dell’ambiente culturale fiorentino. L’ho comunque benvoluto, oltre che per le sue doti creative, per l’umanità e l’affabilità che ha mostrato di possedere in modo intrinseco, insieme all’acume critico e all’ironia pungente, ma garbata, che rendevano il suo stare al mondo quasi mai banale o scontato.

Silvano (Nano) Campeggi in una fotografia del 2011 (da Wikimedia Commons)

 

Di Nano ho colto come valore precipuo soprattutto l’attitudine a praticare l’arte pittorica senza inseguire le mode, le tendenze più in voga, gli intellettualismi astrusi e vacui. Tante volte mi sono detto che sarebbe stato più che giusto enfatizzare il suo speciale status di artista, né di avanguardia né di retroguardia. Ai miei occhi egli ha semplicemente seguito la sua indole ovvero la propensione a cogliere, col disegno e la pittura, l’essenza espressiva del mondo reale o immaginato. Come quello del cinema, che ha consacrato Nano quale eccelso autore di manifesti a stampa, quando questi tappezzavano le città costituendo i mezzi comunicativi più diffusi per la promozione dei films.

Pur a distanza di molto tempo, i manifesti di Nano continuano a suscitare intense emozioni, per come riescono ad esprimere, icasticamente, il senso primario delle storie che evocano.  Ogni volta che rivedo Ben-Hur in TV, non riesco a fare a meno di ripensare alla geniale intuizione di effigiare frontalmente i quattro cavalli bianchi, con le criniere al vento, divenuti a tal punto celebri da aver reso Nano più che degno di incarnare un pezzo della storia mondiale del cinema.

Nano Campeggi, bozzetto per il manifesto del celebre film Ben-Hur (dal web)

 

Devo però confessare che a me piacciono tanto anche le opere, non molto note, dedicate da Nano alla pubblicità delle merci e dei prodotti di consumo, ossia all’arte che dalla nascita dell’economia industriale ha intriso profondamente la cultura visiva dell’Occidente. Le trovo indicative della vicinanza latente di Nano alla Pop Art, intesa non come avanguardia radicale (quale forse non è mai stata) ma come modo di interpretare la modernità e di confrontarsi col realismo autentico, ovvero col mondo prevalentemente consumistico in cui si vive.

Questo è stato per me, succintamente detto, Nano Campeggi come artista. Un brillante pittore e disegnatore che ha ottenuto tanti meritati successi, distinguendosi per aver saputo cogliere l’essenza dei fatti e delle cose, i momenti più intensi dei temi ai quali ha infuso valore creativo, mediante l’elaborazione di un personale senso estetico che ha tenuto vivo fino a tarda età, tra le acclamazioni del pubblico e dei tanti amici che hanno popolato la sua intensa vita sociale.

Insieme all’arguzia, alla levità, al garbo e alle tante altre virtù che possedeva, penso che il dono della sintesi sia stato un elemento distintivo della schietta toscanitas di Nano (il quale nano, ovvero eccessivamente basso, non era affatto !). Ricordo che una volta disegnò la mia amata cagnolina Pepy, riuscendo a fissarne la fisionomia da vero maestro, con soli pochissimi tratti di matite che portava sempre con sé !

Nano Campeggi, ritratto (2015) della mia amata cagnolina Pepy

 

Voglio però aggiungere, tra ciò che mi è rimasto impresso, che Nano è stato un uomo che ha vissuto molto più di altri, soprattutto in età matura, con spirito di serenità quasi olimpica. Che ha raccolto tante vicinanze affettive e a cui non si poteva non voler bene per come si poneva cordialmente ed empaticamente in rapporto con gli altri. Non facendo peraltro mai pesare il suo status di artista affermato, men che meno nelle occasioni conviviali e nei confronti di quanti lo consideravano un uomo adorabile, da vantarlo quale amico. 

Spero che la carissima moglie Elena, che da giovane si dedicò anch’ella alla pittura, sia d’accordo nel pensare con me che è stata molto fortunata a vivergli accanto, nel ruolo anche di amica, di compagna, di promoter, etc., ben lieta di coesistere quasi in simbiosi con l’amato marito Nano che l’ha resa felice.

Geo

Dovendo parlare di Geo (Eugenio) Bruschi, per come l’ho conosciuto, devo innanzitutto dire che varie volte ho pensato che fosse un parolaio, un millantatore, un affabulatore. Non posso però tacere di aver apprezzato in Geo la generosità, l’altruismo, l’umanità focosa, l’eloquio ricco di espressioni idiomatiche, i punti di vista insoliti.

Nano Campeggi, ritratto di Geo (Eugenio) Bruschi

 

In più, mi è sempre molto piaciuta in Geo la voglia di farsi amare e di mostrare quanto nella vita egli fosse stato capace di eccellere, soprattutto nel campo delle conquiste femminili. Devo anzi dire di aver invidiato la sua abilità nel mietere successi anche in età avanzata, quando suoi coetanei avevano già tirato i remi in barca da tempo o, pur non avendolo fatto, s’erano scaltriti nel glissare sulle proprie le marachelle. Geo è stato invece spavaldo e audace, abituato com’era, quale industriale agli esordi ruggente, ad avere e mostrare il coraggio delle proprie idee e dei propri atti, senza tanti formalismi e conformismi. In ciò devo dire che l’ho ammirato parecchio, più di quanto abbia fatto per le storie che raccontava quando sedeva a capotavola, quasi sempre fiancheggiato da donne da egli scelte, nella grande cucina sulle cui pareti campeggiavano le locandine degli eventi dedicati alle sue attività.

Geo possedeva un eros esuberante e volitivo, che ha ben contrastato la forza del tanatos che pure alla fine lo ha stroncato. Nel merito potrei opinare che Geo si è ‘consumato’ più velocemente di tante altre persone, avendo egli vissuto molto intensamente, quasi sempre all’insegna del gaudio e della tendenza a lanciarsi in avventure o in esperienze di viaggio spesso lontanissime da casa, che appagavano la sua smania di evasione e libertà.

Geo Bruschi in una fotografia presa dal sito web del suo museo in Pontassieve (https://www.museogeobruschi.it/)

 

Quanto alle fotografie, egli ne ha fatte talmente tante che è impossibile non trovarne di pregevoli, soprattutto tra quelle che hanno come soggetto le figure umane, esotiche e distanti dal mondo europeo, di cui riusciva a cogliere la psicologia e la specificità etnica con immediatezza ed empatia.

Geo è stato in ciò un dilettante nel senso più alto e autentico della parola, avendo egli praticato la fotografia per diletto, ovvero per svago e per piacere personale. La qualcosa ha mantenuto fresca e genuina la sua spontaneità visiva e la sua immediatezza di scatto, che si sono salvate dal risentire delle seriose elucubrazioni dei fotografi professionisti o ‘artistici’, i quali pontificano vanamente sulla specificità del linguaggio fotografico rispetto ad altre forme di arte.

Intendo dire che non penso che Geo ne sapesse granché di regole compositive dell’immagine, di tecniche d’uso degli strumenti, di storia e cultura della fotografia, etc., essendo la sua passione incentrata soprattutto sulla voglia di cogliere l’attimo, come avrebbe detto Orazio, di catturare l’essenza dei soggetti, documentando in modo personale e pregnante i tanti luoghi del mondo che egli visitava. In ciò, potrei dire che egli è stato alquanto simile a Nano, il quale col magistero del disegno e della pittura ha fatto quel che Geo, da vorace captatore di immagini, ha fatto con lo scatto fotografico.

Geo Bruschi insieme a Pinzy in una fotografia scattata nel suo museo di Pontassieve (EMASPHOTOS 23 marzo 2019)

 

Geo è stato un uomo dai tanti interessi (quale quello del collezionismo), che a un certo punto ha trovato nella fotografia il suo gingillo, il suo campo di azione, il suo status identitario. Giungendo ad emergere e ad accostarsi da outsider al mondo dell’arte visiva ovvero della comunicazione per immagini, entro il quale il suo amico Nano era immerso da tempo. Per fortuna di Geo la fotografia non ha mai costituito l’attività professionale della sua vita ma è rimasta sempre un hobby, per quanto più che preminente e anzi direi debordante. Nel quale si è riflesso il suo carattere, volitivo e sanguigno, che resta da conoscere meglio onde collocare degnamente Geo tra i tanti testimonials del patrimonio umano che hanno reso Firenze famosa nel mondo. 

Nano Campeggi, Ritratto dell’amico Geo Bruschi con la sua immancabile macchina fotografica

 

L’avvenuta istituzione del Museo Geo Bruschi, in Pontassieve, è un fatto che sicuramente può favorire la messa in valore della memoria di un uomo che si è distinto in tanti campi e che ha lasciato una cospicua eredità iconografica, documentaria e affettiva.

Nano e Geo

Nano e Geo sono stati tra loro amici per molti anni e hanno condiviso molti momenti lieti della loro vita. Un’opera che a mio parere segna il trait d’union tra i due è il ritratto di Geo, fatto da Nano, che campeggia su una parete della casa di Geo, sulle colline a sud-est di Firenze. In detto ritratto, Geo è raffigurato con sguardo penetrante, nel mentre è seduto in poltrona, con la macchina fotografica che gli pende dal collo fin quasi oltre l’ombelico. Nell’osservare il ritratto, col teleobiettivo proteso in avanti come un’arma virilmente esibita, ricordo di aver fatto notare varie volte a Nano, scherzando, che la macchina fotografica mi sembrava quasi un prolungamento del sembiante corporeo di Geo. Al che Nano sorrideva, limitandosi a farmi capire, sornionamente, che era lasciata allo spettatore la facoltà di interpretare il senso dell’effige. In ciò consisteva il garbo di Nano e la sua intesa con Geo.

EMas (Emanuele Masiello) – luglio 2021 

 

 

Copertina del catalogo della mostra tenutasi a Firenze dal 18 marzo al 16 aprile 1988, dedicata ai manifesti di Nano Campeggi per il cinema

 

Copertina del libro Geo e il mondo (2011), che raccoglie tante fotografie scattate dall’autore durante viaggi in luoghi molto lontani